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Lars Von Trier

di Boris Sollazzo

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Lars Von Trier (Lapresse)

È il regista più discusso, controverso, odiato (ma anche amato) da pubblico e critica degli ultimi anni. Grande maestro o immenso bluff, ecco l’interrogativo che sovrasta questo cineasta danese che, comunque, ha saputo risollevare il cinema del suo paese, suscitando l’attenzione del pubblico e una curiosità quasi morbosa nella critica. In fondo il personaggio si presta: nasce a Copenaghen il 30 aprile del 1956, e a 19 anni, per sua stessa ammissione, aggiunge il Von al suo nome originario, perché tutti coloro che ammira hanno un titolo nobiliare e perché viveva “uno stato di profonda autovenerazione”. Critico, oltre che regista, scrive su un quotidiano prima dei vent’anni. La sua tendenza a primeggiare e a un’autodisciplina ferrea che quasi sempre rompe con sregolatezze che non concede a discepoli (vedi Dogma 95 e il suo manifesto, firmato con il “fratello” Thomas Vinterberg), e attori (ma soprattutto attrici, sue vittime preferite), nasce da due genitori molto particolari, comunisti e atei, dediti al nudismo e all’educazione del figlio tramite la sua più libera e totale autodeterminazione, ovvero Inge Hǿst e Ulf Trier, che poi si rivelerà non essere il padre naturale, perché la madre per il figlio voleva i geni artistici, si presume, di Fritz Michael Hartmann, discendente di una nobile famiglia di compositori (Lars non lo conoscerà mai, lo saprà sul letto di morte della madre e allora Fritz era già novantenne, gli parlerà solo con l’avvocato). Precoce e fortemente disorientato psicologicamente, trova nello zio regista e sceneggiatore un modello e già a 13 anni, dopo aver recitato in un suo telefilm, prende la super8 e comincia a girare. Trova lavoro nel cinema, poi inizia un percorso accademico fino al primo successo (vince un premio a Cannes), L’elemento del crimine (1984), trascurato in patria. È l’inizio di una trilogia che proseguirà con Epidermic (1987) e finirà con Europa (1991), dove recita nella parte di un ebreo (la paternità di Ulf Trier smentita gli fece perdere anche le sue origini ebraiche). Fallimenti in patria, premiati e apprezzati all’estero. Arriverà poi Dogma 95 e subito dopo la pellicola che lo rende celebre a livello internazionale, Le onde del destino (1996), mix tra il suo stile precedente e i “comandamenti di castità cinematografica”. Da qui partono le discussioni sul suo reale valore. Il film è ottimo, ma la reazione di tutti è isterica: si grida al genio o al furbo opportunista con troppa facilità. Lui sembra divertirsi e approfittarne e continua a stupire (spesso per la voglia di farlo). Nel 1998 arriva il suo film più “dogmatico”, Idioti. Suscita polemiche a non finire, ma aumenta l’interesse intorno a sé. Pochi si rendono conto che il suo vero capolavoro è rappresentato dalle miniserie televisive The Kingdom I e II (1994 e 1997), sorta di commedia horror. Nel 2000 comincia il suo delirio di onnipotenza, e il tradimento completo alle sue stesse regole. Dancer in the dark, melodramma musical ricattatatorio con Bijork, vince la Palma d’Oro a Cannes. Segue la trilogia americana. Dogville (2003) lo vede dirigere Nicole Kidman in un altro melodramma sulla crudeltà umana, esteticamente estremo (la città del titolo è disegnata col gesso!), a cui segue Manderlay (2005, ancora a Cannes, che dei suoi film non se ne perde uno) con Bryce Dallas Howard, ottima sostituta dell’interprete australiana, stremata dall’esperienza. La trilogia dovrebbe concludersi con Washington, ma per ora non se ne conoscono neanche le date di lavorazione. Gli ultimi due film di Von Trier, infatti, sono Il grande capo (2006), commedia feroce sulle multinazionali e sul mondo del lavoro moderno, in cui svela molti dei suoi trucchi e sembra divertirsi (proprio per questa sembra un’opera inconsuetamente e intellettualmente onesta per lui). Ora con Antichrist, attesissimo in Costa Azzurra, torna all’horror. E già ha suscitato le prime pruriginose polemiche, come da sua abitudine: Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe,infatti, perdono un figlio in circostanze tragiche. Ma sono anche protagonisti, nel film, di una scena di sesso molto estremo. Lars Von Trier, o lo ami o lo odi.

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